Con il Senato consulto del 24 fruttidoro, anno X (15 settembre 1802) e col decreto del console a vita Bonaparte del 28 fruttidoro anno X (19 settembre 1802), il Piemonte fu annesso alla Repubblica Francese.
Il cambiamento amministrativo non creò complicazioni dato che la nuova lingua ufficiale era facilmen te capita da tutti, anche nelle campagne dove le misure agrarie rimasero quelle di prima pur cambiando denominazione come la “giornata” divenuta “arpent”.
L’amministrazione francese era scrupolosa ed apportò sostanziali miglioramenti. Il comune prima dell’avvento dei francesi era amministrato dalle disposizioni contenute nel “Regolamento dei pubblici” stabilito con Regie Patenti del 6 giugno 1775. Ogni città e comune aveva un consiglio formato dal sindaco e 6 consiglieri, come a Susa, mentre nei comuni minori i consiglieri erano in numero di 4 e in quelli ancora più piccoli 2. Questi erano nominati dall’intendente della provincia che aveva l’incarico di rendere esecutive tutte le delibere. Ai consigli municipali assisteva il giudice competente per il territorio, che non aveva diritto al voto, e un segretario che era nomina to fra i notai del luogo. I consiglieri dovevano a vere un’età minima di 25 anni ed un certo censo, (nel consiglio comunale di Susa troviamo spesso medici e soprattutto avvocati) oppure qualità particolari. I francesi fra il 1798 e il 1801 provvidero ad inserire nell’amministrazione dei loro simpatizzanti. Come si è potuto osservare molti dei giacobini elencati nella “Nota degli individui che apertamente si manifestarono contrari al governo di S.M.” avevano fatto parte del consiglio comunale.
Quando alla commissione esecutiva successe il governo militare il 16 ottobre 1800 e il Primo Console il 2 aprile 1801 trasformò il Piemonte nella 27° divisione militare, cambiò la composizione amministrativa. A capo della 27° divisione militare fu in un primo tempo il generale Jourdan, chiamato poi a far par te del Consiglio di Stato, gli successe lo Charbonniére, già segretario dell’amministrazione generale, quindi, con decreto del 1° febbraio 1802 il Menou, che vi rimase praticamente fino al 1808 poichè luigi Bonaparte, fratello di napoleone, nominato alla carica di Governatore generale nel 1804, assunse il trono d’Olanda, tralasciando l’incarico affidatogli. nel 1808 successe al Menou il principe Camillo Borghese, cognato dell’imperatore, che rimase in carica fino al termine del dominio francese.
Nel 1801 fu stabilita la ripartizione delle province appartenenti alla 27° divisione militare: Susa faceva parte del dipartimento del Po. tale suddivisione fu cambiata nel 1805 da napoleone che soppresse il dipartimento del Tanaro.
L’organizzazione amministrativa nopoleonica fu deliberata dalla legge 28 pluvioso anno VII (17 febbraio 1800), dal decreto 19 fruttidoro anno X (6 settembre 1802) e dal Senato consulto 28 floreale anno XII (18 maggio 1804). Questo ordinamento rimase in vigore fino al 1814, influenzando considerevolmente il successivo evolversi delle istituzioni locali piemontesi.
In base all’ordinamento napoleonico ogni comune fino a 5.000 abitanti doveva avere un consiglio di 20 membri (di età non inferiore ai 21 anni) e di 30 in comuni con popolazione superiore.
Il consiglio si riuniva una volta l’anno, il 15 piovoso (4 febbraio) e restava riunito per 15 giorni, salvo casi eccezionali in cui veniva convocato dietro autorizzazione del prefetto.
Ogni comune era retto da un maire e da due aggiunti che lo coadiuvavano e dal consiglio municipale. Il maire era nominato dall’imperatore che lo sceglieva da una lista di 3 persone che veniva proposta dal Prefetto del dipartimento al Ministro dell’Interno.
I candidati erano di solito i consiglieri municipali o i cittadini più facoltosi. Dal 1801 al 1813 fu sindaco a Susa l’Avvocato Pier Paolo Caremo che per detenere così a lungo quest’incarico, doveva essere davvero un uomo abile e prudente, come il suo segretario, notaio Gravier, sostituito a partire dal 1803 da ludovico Chiatellard, che fu poi sindaco nel 1814 e 1815.
Una volta prestato giuramento i municipalisti dura vano in carica due anni e potevano essere riconfermati.
Il maire era l’amministratore del comune e ne aveva la rappresentanza. Con i consiglieri comunali doveva: curare i beni dei contadini assenti; occuparsi dei trasferimenti di proprietà, dei registri di stato civile, della polizia amministrativa, del ruolo dei costituiti, dell’igiene, delle prigioni e di far sciogliere eventuali assembramenti e le riunioni pubbliche non autorizzate dalla guardia nazionale. In ogni dipartimento fu istituita un’amministrazione centrale composta di cinque membri e un commissario; furono costituiti un tribunale civile, uno criminale, uno demaniale e due correzionali.
Con la legge del 17 febbraio 1800, fu nominato dal governo, in ogni dipartimento, un prefetto a cui corrispondeva nel circondario il sottoprefetto che a Susa, in questi anni, fu Antonio Jaquet, nomina-to governatore della provincia di Susa fin dal 4 gennaio 1800.5
Lo Jaquet fu un uomo notevole, animato da vivace entusiasmo repubblicano; con grande impegno, nonostante la tiepidezza dei sindaci e degli altri magistrati, organizzò sul modello francese la pubblica amministrazione.
Era un uomo preparato e in breve tempo, tempestando i sindaci di questionari e facendo molte ed improvvise visite ispettive nei vari comuni, riuscì a conoscere bene l’ambiente e gli uomini che dove-va amministrare, soprattutto seppe scegliere i propri collaboratori. Infatti proprio in questo periodo si misero in luce gli uomini migliori: nel 1801 il Re, di cui si parlerà dettagliatamente più avanti, fu nominato consigliere di sanità per il circondario di Susa e il segusino Giuseppe Ponsero, medico e letterato, fu nominato nel 1805 commissario vaccinatore.
La solerzia con cui lo Jaquet si dedicò al suo incarico di sottoprefetto, è testimoniata dall’ampia ed esauriente statistica da lui stilata nel 1802 ed inviata al generale Jourdan, consigliere di Stato ed amministratore generale della 27° divisione militare.
È una trattazione completa che riguarda le risorse, i problemi, la situazione della valle di Susa. Spirito illuminato, egli non si limitò a sterili osservazioni, ma vi inserì sempre dei suggerimenti e delle proposte fatte col genuino intento di migliorare le condizioni di vita dei cittadini del suo “arrondissement”. naturalmente non tutti i suoi suggerimenti erano validi, come d’altra parte le sue critiche al governo sabaudo erano a volte dettate dal desiderio di esaltare la nuova amministrazione mettendo in risalto il più possibile le manchevolezze della precedente.
Per stendere questa “statistica” egli si servì dei risultati dedotti dalle risposte ai questionari che, come già detto, inviava in gran numero ai maires dei comuni della valle. Un esemplare di questi è stato trovato nell’archivio di Meana, un paese vicino a Susa, e dà una chiara idea di come fossero stilati ed è stato pubblicato nel libro “Mediana”.
Il questionario, sia per la meticolosità delle domande, sia per le risposte spesso evasive quando implicano un contenuto politico, sempre prudenzialmente pessimistiche quando riguardano l’economia, mette in evidenza un momento politico certamente non faci le.
La risposta al 22° quesito, dovette certo insinuare qualche dubbio nell’animo dello Jaquet che si sforzava di inculcare nei valsusini lo spirito repubblicano.
Rigido servitore dello Stato, volle accertare se gli amministratori meanesi avessero ben compresa la domanda ed in data 11 vendeminale (3 ottobre) scrisse al cittadino sindaco affinché gli confermasse “i sentimenti di amore dei cittadini di Meana per la nazione francese”.
Alla lettera del sottoprefetto, il sindaco Giuseppe Perotto, che sapeva di aver adempiuto tutti i suoi doveri verso la repubblica, rispose ripetendo quello che aveva scritto nel questionario: “I cittadini di Meana sono ubbedientissimi alle leggi”.
Una frase che certamente è più significativa per quello che non dice che per quello che vi è scritto. I numerosi questionari di quel periodo fornivano poi altre interessanti notizie che lo Jaquet riportò nella sua statistica.
Le notizie che egli richiedeva gli erano però spesso comunicate con molto ritardo come dimostra questa lettera con cui sollecitava i sindaci e i parroci ad inviare le informazioni sullo stato economico delle parrocchie. naturalmente i parroci erano restii a comunicarle, come richiesto, ai sindaci, che le avrebbero fatte pervenire alla Sottoprefettura con apposito predisposto specchietto “… siete perciò invitati, cittadini maires e parroci, a spedire alla ricevuta della presente quelle dichiarazioni”; “e vi prevengo che il pedone resterà nel comune in ragione di soldi 20 al giorno sino a che abbiate dato li vostri riscontri”. naturalmente i dati richiesti furono trasmessi nella stessa giornata, esposti nello specchietto indicato.
Allo Jaquet va anche attribuita l’apposizione di una lapide che rimase per molti anni affissa nel vestibolo del palazzo comunale di Susa ed è ora conserva ta al Museo Civico:
“La nazione piemontese debitrice della sua libertà alla repubblica francese le giura sua eterna riconoscenza
li 16 frimaire anno V II (6 dicembre 1798)”
Era questa una testimonianza, non dell’amore dei segusini verso i francesi, ma (e i francesismi lo indicano) di un desiderio di esaltazione della Repubblica francese dello Jaquet che allora era intendente commissario della provincia essendo egli nativo di Chiomonte.