Susa dal maggio del 1799 al settembre 1802

La situazione era difficile, in ogni luogo c’erano fame e disordine. non mancarono però le azioni di benevolenza verso i cittadini di Susa da parte di qualche ufficiale francese come si apprende leggendo alcuni articoli pubblicati su “l’Indipendente” del 1888, che era un giornale locale.
Nel 1801 il Municipio di Susa concedeva la cittadinanza onoraria al generale Sebastiano De Plauta di Grenoble. nel 1863 la vedova del generale scrisse la seguente lettera al nostro municipio offrendo una biografia del De Plauta, scritta da Alberto de Boya, e spiegando i motivi per cui suo marito era stato insignito di tale onorificenza:

J’ignore si quelques-uns des habi tants actuels de la ville de Suse ont connu l’adju tant général Sébastien De Plauta, qui en 1800 était chef d’état-major de l’aile gauche de l’armée d’Italie, comandée par le général de Division Thureau. Le général après la conquête de la ville de Suse, lui avait imposé une contribution considérable, que son d’état major, touché de la douleur des habi tants, parvint pas ses supplications, à faire lever la ville de Suse, reconnaissante envers M. De Plauta, lui confera, l’année suivante, le titre de ci-toyen de cette ville. Je conserve précieusement la lettre qui annoçait à mon mari cette déliberation du corps municipal, qui est sûrement inscrite sur les registres de la ville à l’année 1800 ou 1801 et où vous trouverez sans doute, si vous voulez prendre la peine de l’y chercher.
Ignoro se alcuni degli abitanti attuali della città di Susa abbiano conosciuto l’aiutante generale Se-bastien De Plauta che, nel 1800 era capo di stato maggiore dell’ala sinistra dell’esercito italiano, comandato dal generale di divisione Thureau. Il generale, dopo la conquista della città di Susa, aveva imposto un contributo considerevole che il suo capo di stato maggiore, commosso dal dolore degli abitanti, riuscì con le sue suppliche ad eliminare. La città di Susa, riconoscente verso M. De Plauta, gli conferì l’anno seguente, il titolo di cittadino di questa città. Io conservo con cura le lettere che annunciavano a mio marito questa delibera del corpo municipale, che è sicuramente riportata sui registri della città nell’anno 1800 o 1801 e dove la troverete senza dubbio, se volete prendervi l’incarico di cercarla.

La municipalità risponde che, pur non essendo riuscita a trovare il documento negli archivi, non molto ordinati:

Quelques personnes notables et octuagé naires de notre ville, conservent des souvenirs très honorables sur la conduite tenue par M. De Plauta, pendant le passage de l’armée française.
Alcune persone notabili e ottuagenarie della nostra città, conservano dei ricordi molto onorevoli sulla condotta tenuta da M. De Plauta, durante il passaggio dell’esercito francese.

Veduta di Susa. Incisione di M. Jackson (sec. XIX).

Veduta di Susa. Incisione di M. Jackson (sec. XIX).

In quella stessa rovinosa contingenza un capitano che militava nelle file nemiche, benché fosse stato ferito al piede destro, cercò ogni occasione per mitigare ai segusini i rigori della vittoria e prima e durante l’assedio faceva:

Passer des vivres aux habitants de la Ferrière manquant de tout entre deux armées ennemies, sur un sol désert et stérile tour à tour devasté par les deux parties.
Faceva arrivare dei viveri agli abitanti della Ferrera che mancavano di tutto, trovandosi tra i due eserciti nemici, su un terreno deserto e sterile, devastato a turno dalle due fazioni.

Vigeva inoltre allora a Susa un editto che proibiva sotto pena di morte l’uso delle campane e il giova-ne capitano, accogliendo le istanze dei cittadini, otteneva “sur sa tête” dal generale in capo l’autorizzazione di poterle far suonare per annunziare gli uffizi divini. Questo capitano non era francese: era nato in Susa (dove suo padre era intendente della provincia) ed era stato aggregato alle truppe repubblicane perché, al tempo degli arruolamenti, egli si trovava come trappista nella storica badia di Tamié.

Il capitano F. E. Mouthon era dunque stato frate; non per questo, benchè cercasse di risparmiare i suoi concittadini contro cui doveva combattere, cessò di mostrarsi prode ed eroico soldato. Lo atte-stano le battaglie sostenute e le ferite toccategli, secondo i rapporti dei generali Serraut, Marchand, Dessaix e il grado di colonnello aiutante di campo dell’imperatore conseguito a non ancora 35 anni. Ed avrebbe anche facilmente guadagnato il bastone di Mare sciallo, se non che, un bel giorno, riprese l’abito ed entrò nei Cappuccini di Susa dove visse fino alla morte scrivendo versi.

I francesi intanto cercarono di riorganizzare l’amministrazione e procedettero, il 7 luglio 1800, alla nomina di nuovi municipalisti:

La commissione di governo del Piemonte ha decretato che la municipalità di Susa debba essere composta dai seguenti membri: Richiardi avvocato, Vietti Mauro, Chiatellar procuratore, Bompard negoziante, Silvestro Ludovico. La predetta municipalità é subito installata dal commissario Antonio Jaquet e la precedente amministrazione civica deve cessare le sue funzioni.

Il sindaco congedato in quest’occasione era Paolo Rana e i consiglieri: Michele nemo, Giuseppe Pon sat, Sebastiano Ponsero, Donato larieu, Maurizio Amprimo.
Il 14 luglio si procedette alla nomina di altri municipalisti Filiberto Garelli, Giuseppe Rosaz, Si mone Giey, Carlo Brunetti, Baldassare Charbonet Salle.
Iniziarono le requisizioni di viveri per rifornire le truppe francesi. Si verificarono molti abusi tanto che il generale in capo Massena il 17 luglio 1800 fece pervenire questi chiarimenti:

Informato che si commettono molti abusi nelle requisizioni che si fanno per le provviste di viveri necessari all’armata; che molti individui che non hanno alcun diritto di farne, si fanno lecito d’imporne, ricorda ai militari che il Primo Console vieta, sotto gravi pene, l’imporre requisizioni. Ricorda anche che solo i commissari di guerra hanno diritto di farne domanda alle amministrazioni dei circondari comunali che dovranno sempre essere approvate dal generale comandante di divisione.

Pianta della Città di Susa, con particolare riferimento a Contrada San Carlo (1824). Archivio Comune di Susa.

Pianta della Città di Susa, con particolare riferimento a Contrada San Carlo (1824). Archivio Comune di Susa.

Il commercio di granaglie fuori dal Piemonte fu vietato dal generale Jourdan il 28 agosto 1800:

È proibita l’esportazione di grani dal Piemonte, sotto pena, per i comandanti di piazza, che le favorissero, della destituzione dal loro impiego.

Impose “la nullità di ogni passaporto che non sia vistato da uno dei tre ministri straordinari e da me”.
La cittadinanza di Susa si trovava in cattive condizioni a causa delle continue requisizioni. Sono moltissime le lettere di questo periodo che lamentano la mancanza di viveri. Il 31 agosto 1800 venne inviata questa lettera al cittadino Chiarle:

Tra le truppe passanti in questo comune, i cannonieri stazionanti alla novalesa e li paesani precettati per colà trasportare i cannoni ed altri effetti di artiglieria, ci vogliono ogni giorno da 1300 a 1500 forme di pane: il fondo di grano da voi trasmessoci ultimamente essendo pressochè consunto ed essendo previsto il passaggio per la settimana prossima di 3.000 uomini vi richiedo un competente fondo di grano per assicurare la sussistenza.

Altre insistono sulla povertà della popolazione, come questa del 12 settembre 1800 che dice inoltre:

Cadono continuamente le requisizioni su questi po veri abitanti, le quali ci pongono in una strettezza tale da far credere fondatamente che imminenti sono i disordini per difetto di generi alimentari.

O questa, ancora più drammatica, inviata dalla municipalità alla commissione esecutiva il 22 febbraio 1801:

Ormai incrudeliti, senza muoverci a compassione alla vista delle lacrime de’ padri di famiglia, dovettimo, da otto giorni, percorrere le case di questi nostri abitanti per toglierne il grano che ancora ritenevano ad uso delle loro fa miglie, per versarlo per la sussistenza delle truppe. Oggi più che mai siamo allarmati per le conseguenze che ci sovrastano a cagione della mancanza del pane, senza ripiego alcuno a poter assicurare il servizio di domani, non solo per la truppa stazionata, ma ancora per il non in differente passaggio che ci viene annunciato.

Il 17 agosto in un’altra missiva si spiegava che due erano i motivi di questa continua mancanza di provviste: la posizione geografica, trovandosi la città fra montagne in gran parte incolte mentre gli altri paesi del Piemonte si trovano in “vaste e doviziose pianure”, e perché qui facevano tappa tutte le truppe di passaggio che si recavano dalla Francia in Piemonte e viceversa e “non solamente al sostentamento dei soldati francesi si deve provvedere, ma anche a quello dei prigionieri austriaci”.
Il 30 ottobre 1800 venne nuovamente innalzato in piazza S. Carlo, l’albero della libertà.
Il 22 novembre Antonio Jaquet, sottoprefetto del circondario di Susa, ordinò la cancellazione delle iscrizioni esistenti sugli archi di Porta Savoia e dei Cappuccini, contrarie al governo francese e di togliere la lapide esistente a Porta Piemonte che “deve essere riposta ai piedi dell’emblema rigeneratore”.
Nello stesso scritto lamentava l’indolenza della municipalità nell’obbedire agli ordini.
Il 4 brumaio anno IX (16 ottobre 1800) inviò questa lettera alla municipalità:

Non è mai stata mia intenzione, cittadini, il coactare la municipalità e sottoscrivere la carta privata che vi ha presentato questa società patriottica, in seguito alla mia invitazione, nella quale vi ho osservato dover quest’atto essere spontaneo e dettato solamente dall’attaccamento alla causa sacra della libertà ed al governo repubblicano. Mi stupisce assai il vostro rifiuto, tanto come membri dell’amministrazione che come privati.

L’indifferenza dei segusini per il governo repubblicano sembra evidente ed é confermata da quest’al-tra lettera sempre dello Jaquet del 23 fiorile anno IX (13 maggio 1800):

Cittadini municipalisti, una maliziosa interpretazione data da certi fanatici alla lettera del generale Jourdan, amministratore generale del Piemonte, scritta alli prefetti e sottoprefetti in data dell’11 corrente, li ha portati a deporre la coccarda nazionale, onorevole distintivo di ogni cittadino onesto. Vi invito perciò, a diffidare con un vostro proclama, codesti speranzosi nel ritorno di Carlo Ema-nuele IV, che chiunque si presenterà in pubblico senza il distintivo, sarà arrestato e punito di carcere per 15 giorni.

L’8 giugno 1801 Jaquet invitò i cittadini:

A scuotersi e ad essere diligenti celebrando con la maggiore energia l’anniversario della memorabile giornata di Marengo per gli inestimabili doni dei francesi ai Piemontesi: la pace, frutto del la vittoria.

La celebrazione delle ricorrenze delle vittorie francesi erano tenute in gran conto e si svolgevano se-condo un rituale preciso:
1) alle 24 si annunciava la festa del giorno successivo suonando la campana del comune;
2) la festa iniziava il mattino alle 7 sempre al suono della stessa campana;
3) alle 9 la municipalità si radunava nella sala comunale per far distribuire ai poveri, che erano in numero quasi incalcolabile, 10 emine di segala ridotte in pane;
4) alle ore 11 la Guardia Nazionale sfilava in parata;
5) la municipalità e le autorità dopo la parata ascoltavano il discorso del sindaco.
I festeggiamenti si protraevano per tutto il pomeriggio.
Come si vede da queste disposizioni, con decreto della Commissione di Governo del 17 luglio 1800, era stata ricostituita la Guardia Nazionale:

1) Sarà organizzata la guardia nazionale in tutti i comuni del Piemonte;
2) sarà formata da cittadini fra i 18 e i 50 anni;
3) sarà divisa in compagnie, battaglioni e mezze brigate.
4) Le compagnie saranno composte di 100 volontari, i battaglioni di 8 compagnie, le mezze‑brigate di 3 battaglioni.
5) Le nomine degli ufficiali, sergenti e caporali, si faranno per la prima volta dalle municipalità e poi sotto l’ispezione del commissario di governo; poi per mezzo di una rosa di 3 soggetti proposti dai volontari alle municipalità che ne sceglieranno uno.
6) l’uniforme sarà: abito blu, bottoni gialli, fodera rossa, paramani, colletto, profili gialli, pantaloni e gilet bianchi, cappello garzato, coccarda tricolore piemontese, pennacchio rosso.

La guardia nazionale a Susa, venne utilizzata per impedire l’introdursi in città di gente sospetta e per prevenire le imboscate di briganti che proprio in quegli anni comparvero nella nostra valle.
I francesi, se non amati, furono sopportati dalla borghesia valsusina che si accostò alle idee rivoluzionarie, ma trovarono l’ostilità del popolino che appoggiò le bande di briganti contro cui dovettero lottare a lungo. Prova di questa generale ostilità verso i francesi si trova in una lettera del 27 settembre 1801 del commissario generale di polizia ai prefetti dei dipartimenti piemontesi in cui li si invita a desistere dagli arresti di coloro che nel 1799 molestarono i francesi nella loro ritirata, perché “i colpevoli costituirono la maggioranza della nazione”.

A proposito dei banditi che infestavano il Piemonte, il generale in capo Massena, nel 1800 emanò più di un decreto stanziando pene severissime, fino alla morte, per i briganti colpevoli dell’uccisione di qualche francese. Significativo è questo del 7 agosto 1800

Massena, generale in capo, informato che il suo proclama del 24 messidoro non ha prodotto l’effetto sperato, e che lo spirito di partito e di vendetta vi fa ancora commettere atti di violenza; informato che esistono tuttora attruppamenti di banditi armati che infestano le strade, assalgono, rubano, uccidono i viaggiatori decreta:
1) che si procederà al disarmamento del Piemonte;
2) il generale Thureau dovrà fare ciò, che si estenderà solo ai banditi e agli individui disturbatori della quiete pubblica.

La sicurezza delle strade venne affidata alla responsabilità delle municipalità che dovevano indennizzare chiunque venisse derubato od ucciso nel territorio del comune. “Ogni villaggio o città che si metterà in insurrezione, sarà abbandonato agli orrori della guerra”.
La Commissione di Governo, a proposito dell’osservanza di questi ordini, il 6 novembre 1800 rivolse un rimprovero direttamente alla municipalità di Susa:

Le leggi sono protettrici dell’ordine sociale e della pubblica e privata sicurezza: eppure molti di voi, ingrati alle cure dei governanti e poco curanti l’esecuzione delle leggi, vivono in una vergognosa inerzia produttrice di funestissime conseguenze; bande di malviventi e di nemici dell’attuale sistema di cose, infestano queste contrade. che sarebbero pur tranquille se ciascuna municipalità avesse mostrato la dovuta civica fermezza nel far eseguire il proclama. Scuotetevi dunque dal pernicioso letargo, si muova il ben comune di cui dovreste essere i promotori; fate eseguire il proclama se avete qualche interessamento per il bene pubblico. Sia pertanto vostra cura:
1) di attivare regolari pattuglie della guardia nazionale che percorrano le pubbliche vie.
2) Far arrestare tutti coloro che si presentassero in pubblico senza coccarda nazionale.
3) Spedire fra giorni 10 tutte le carte di residenza ai cittadini

iaggiatore scende verso Susa. Litografia di C.J. Hullmandel su disegno di M. J. Pattison Cockburn (sec. XIX).

iaggiatore scende verso Susa. Litografia di C.J. Hullmandel su disegno di M. J. Pattison Cockburn (sec. XIX).

Nel 1801 si distinsero nella val di Susa per le loro imprese delittuose certi Buriet e L e Duc. Nell’alta valle i briganti si diedero al contrabbando valicando senza problemi il vecchio confine. A Claviere, alla fine del marzo 1802, nella notte i briganti occuparono il borgo. L a gendarmeria accorsa da Cesana si guardò bene dall’arrestarli. La relazione del fatto riporta che un milite brindò alla loro salute.

Nel 1804 la situazione non era migliore e da Susa si ordinò un’attenta sorveglianza sulle strade specialmente nei giorni di mercato e di fiere quando era più facile che avvenissero dei furti. Un montanaro era attivamente ricercato. Si trattava di Battista Buffa di Gravere, detto Violetta, solitario e feroce. I francesi riuscirono infine ad arrestarlo, sembra per delazione, dopo che il presidente del tribunale di Susa aveva chiesto energicamente l’intervento della truppa.

Altro celebre brigante fu il “Cômbot”, per un certo tempo compagno d’avventura dei “fratelli di Narzole”, poi brigante indipendente, spesso presente sullo stradone di Rivoli. Morì a 29 anni ghigliottinato, sulla piazza Carlina.

Erano questi i briganti descritti nelle novelle di E. Calandra,21 pronti più ad un atto improvviso di violenza che ad una vera e stabile lotta contro i francesi. Nel 1809 i briganti erano praticamente  spariti.

Nella bassa valle fra il 1804 e il 1806 agirono indisturbati i componenti della banda Becurio, elementi decisi, coraggiosi e anche molto pericolosi, tanto che i francesi furono costretti a far scortare tutti i convogli dalla gendarmeria. Fra i più feroci c’era Mossetto, detto il Chierico, per aver studiato per qualche tempo in seminario; poi Bolle, detto Citoyen, ex soldato di cavalleria.

Per far fronte alla situazione il sottoprefetto del dipartimento, Antonio Jaquet, che si rivelò molto attivo nella caccia ai malfattori, ordinò di costituire delle pattuglie per mezzo della guardia nazionale. Il servizio doveva essere organizzato in modo che “tutte le strade fossero battute due volte al giorno e in ore diverse”