Gli avvenimenti a Susa dal dicembre del 1798 al maggio del 1799

La situazione generale del Piemonte frattanto peggiorò. La monarchia era al suo declino già nel luglio del 1798 quando i francesi occuparono la cittadella di Torino in seguito all’accordo stipulato il 3 luglio 1798 a Milano. La posizione di Carlo Emanuele IV si fece insostenibile. Quando la situazione internazionale, bloccato Napoleone in Egitto, si complicò, il generale Jourdan, comandante dell’Armata d’Italia, temendo di essere da un momento all’altro attaccato dall’Austria sulle linee dell’Adige e dell’Adda, decise di occupare il Piemonte prima che questo passasse al campo avverso.

I francesi, il 5 dicembre 1798, dichiararono guerra, si impadronirono di Susa, Cuneo, Alessandria e l’8 dicembre costrinsero il re ad abdicare. A Torino venne installato un governo provvisorio. Susa cadde in mano francese la sera del 6 dicembre. Questa la descrizione dell’attacco che dà il Ponsero: 

Un corpo di truppe stanziato in Susa, un reggimento di dragoni creduto di passaggio, come pure una compagnia di artiglieri con il loro cannoni, ad un segno convenuto, verso le cinque della sera, improvvisamente assaltano le sentinelle e fanno prigionieri nei corpi di guardia e nelle caserme i soldati del Re. Gli artiglieri colla miccia accesa stanno sulle piazze accanto ai loro pezzi per tutta la notte, mentre la truppa di linea è in armi nella città, e i dragoni ne custodiscono a qualche distanza gli accessi per impedire agli abitanti della campagna di venire in aiuto della città: la dimane mattina la repubblica è proclamata ed installata la municipalità.

Il primo documento interessante, di quelli contenuti in un grosso volume di atti ufficiali e di documenti in lingua francese relativi ad ordini e provvedimenti del governo provvisorio fra il 1798 e il 1799, è datato 16 frimaire, anno VII della repubblica francese (8 dicembre 1798); è indirizzato dall’Aiutante generale L. A. Louis, al sindaco e agli ufficiali municipali della città di Susa e dice:

Je vous previen que de ces moments vous êtes immédiatement sous mes ordres: que vous ne devez plus en recevoir par aucune authorité piémontaise, et que vous ne pouvez prendre aucuns arrétês ni déliberations sans qu’elles me soient communiquées. Je vous préviens encore que vous devez vous servir de votre authorité pour assurer la tranquillité dans cette place en invitant vos concitoyens à la paix, à la bonne armonie et à l’obéissance aux loix de la République française. Je vous rend personellment responsables du plus petit trouble qui pourrait s’èlever dans vôtre commune.

Vi avviso che a partire da questo momento siete immediatamente sotto i miei ordini; che non dovete più riceverne da alcuna autorità piemontese e che non dovete o potete prendere alcuna decisione e deliberazione senza che queste mi siano comunicate. Vi avviso ancora che dovete servirvi della vostra autorità per assicurare la tranquillità di questo posto invitando i vostri concittadini alla pace, alla buona armonia ed all’obbedienza delle leggi della Repubblica francese.

Vi rendo personalmente responsabile del minimo turbamento che potesse nascere nel vostro comune. Lo stesso giorno l’aiutante generale Louis emanò delle disposizioni per la popolazione. Da questo momento in poi gli abitanti della città e provincia di Susa furono sotto i suoi ordini:

  • Art. 1°: Qualunque ordine emanato dalle autorità piemontesi sarà considerato come nullo, ed è espressamente proibito a ciascun piemontese di obbedirvi.
  • Art. 2°: Tutti gli abitanti della città di Susa dovranno illuminare le finestre riguardanti la contrada alle sei ore precise della sera.
  • Art. 3°: Tutte le porte saranno chiuse e niuno potrà uscire di casa prima delle sette ore del mattino seguente senza essere munito di una coccarda tricolorata.
  • Art. 4°: Chiunque sarà incontrato per le contrade sarà arrestato e punito con tutto il rigore.
  • Art. 5°: Qualunque abitante di detta città, che della campagna, che sarà incontrato con armi, sarà immediatamente arrestato e punito militarmente.
  • Art. 6°: Colui che sarà trovato con qualche stiletto, con stocco, schioppo o pistola sarà, secondo gli ordini del generale in capo, immediatamente punito colla pena della morte.
  • Art. 7°: Tutti quelli che si faranno lecito di maltrattare un francese, o di eccitare i loro concittadini alla rivolta, saranno arrestati e giudicati militarmente e puniti con la morte nel termine di 24 ore.
  • Art. 8°: Tutte le finestre rimarranno chiuse fino a nuovo ordine, niuno potrà approssimarsi ad esse, sotto castighi molto severi.
  • Art. 9°: Chiunque ardirà di sparare un solo colpo con arma da fuoco dalla finestra o da qualunque altra parte della casa da lui abitata, sarà la medesima immediatamente incendiata.
  • Art. 10°: Qualunque contravventore al presente ordine verrà punito con tutto il rigore delle leggi.
  • Art. 11°: Qualunque militare francese, che si lascerà trasportare a qualche eccesso contro gli abitanti di questa città, o a violare la proprietà con furto o in altra maniera, sarà fucilato sul campo.
  • Art.12°: Qualunque francese che abbandonerà il posto a lui assegnato sino a nuovo ordine sarà punito con tutto il rigore delle leggi.

Si provvide subito anche all’organizzazione dell’amministrazione municipale e alla nomina dei membri provvisori di questa per far sì che:

Le bon ordre regne dans cette commune e che les personnes et les propriétées seront inviolablement respectées.

L’ordine regni in questo comune e le persone e le proprietà siano rispettate senza violazioni.

È nominato quale presidente il cittadino Fava, professore di retorica; i cittadini Savi, Careno, Vallino, Bompard, Salle e Gardini consiglieri comunali; il cittadino Balma commissario di polizia; il cittadino Raymond segretario.

Costoro furono scelti per aver dimostrato un vero zelo repubblicano. I precedenti membri che erano: il sindaco GiòBatta Ronchiay e i consiglieri Maurizio Amprimo, Claudio Blanchione, Gaspare Ludovico Balma, Paolo Rana, Mauro Vietti e Michele Nemo:

S’étaient de suite retirés pour faire place aux nouveaux elus.

Si erano subito ritirati per far posto ai nuovi eletti

Un’altra disposizione dell’aiutante generale L.A. Louis del 18 frimaire anno VII (11 dicembre 1798) stabilì che :

Tout habitant tant de cette Commune que des environs, qui se permettrait de refuser en payement où de vendre en billets de piémont du Roi Sarde, où monnaie, serait reputé comme suspect et sur le champ mis en arrestation.

Tutti gli abitanti, sia di questo comune che dei dintorni, che si permetteranno di rifiutare in pagamento o di vendere in biglietti o moneta del re di Sardegna, saranno ritenuti sospetti e messi subito agli arresti.

Susa, antica immagine di via Palazzo di Città, Chiesa di San Carlo.

Susa, antica immagine di via Palazzo di Città, Chiesa di San Carlo.

Perciò si succedevano gli ordini e gli inviti che spesso suonavano come minacce. Il presidente Fava annunciò che il 10 dicembre si sarebbe innalzato alle tre del pomeriggio sulla piazza, detta di S. Carlo, l’Albero della Libertà: tutti i cittadini furono invitati a presenziarvi. I francesi anche a Susa, come nel resto del Piemonte, vollero che i festeggiamenti assumessero un vero e schietto sapore di festa popolare, con balli, discorsi e rappresentazioni. Durante queste cerimonie si cantava la cosiddetta “carmagnola”:

In tre giorni alfin crollò

quel poter che si fondò

sopra tante iniquità

Balliam la Carmagnola,

viva la libertà.

Proprio in quest’occasione il presidente Fava pronunciò un lungo discorso, poi stampato a T orino in francese e in italiano.
Inizia con sviscerate lodi: “All’incomparabile, invitta, generosa Nazion Francese” e al “magnanimo suo A. Generale L ouis, Comandante di questa Città e V alle” perché grazie a loro é giunto finalmente il tempo della libertà. “Ah, dolce nome; mentre con le labbra ti proferisco, mi sento inondare il seno d’incredibile allegrezza, e scorrere furtivamente sul volto lagrime di tenerezza, e di consolazione!”. Prosegue poi spiegando che cosa sia questa libertà non “quella sfrenata e dissoluta licenza di soddisfare tutte le passioni, nemica di ogni ordine e d’ogni ragionevole sommessione” come volevano far credere che fosse “gli empi satelliti e banditori della tirannia e della schiavitù”, ma la “libera facoltà di esercitare tutti quei diritti, che all’altrui bene, alla legge ed alla ragione non si oppongono”. Invita poi all’osservanza delle leggi che non sono altro “che la volontà generale del popolo o per se medesimo, o pe’ suoi rappresentanti manifestata”

Si riferisce addirittura a Platone dicendo:

D’un ben fondato governo, essere sopra ogni altro felice quello stato, in cui i magistrati obbediscono alle leggi ed il popolo alle leggi ed ai magistrati. All’opposto, dovendo il popolo sotto il governo de’ despoti e di tiranni ricevere le leggi da chi ha usurpato il comando, o da’ satelliti, che più il proprio, che il comune bene sogliono ordinariamente cercare, come una fatale esperienza di molti secoli ci ha purtroppo dimostrato, si può dire con ragione, che sotto un tal governo, un popolo è veramente schiavo dell’altrui volere, e resta del tutto annientata quella libertà, che è il più sacro ed inalienabile diritto della natura.

Continua dissertando sulla libertà e conclude: “un vero democratico, appunto perché è libero, è più di ogni altro in obbligo di essere virtuoso”. “In lui dee risplendere la giustizia, la lealtà, la beneficenza, la sociabilità, la moderazione e soprattutto un vero amore verso la patria”. Passa poi a trattare dell’uguaglianza che “non consiste nell’accomunare le proprietà e l’industria” ma “nella legge, che parla a tutti con egual voce, che non ammette privilegi e distinzioni di classi e di persone, che premia ugualmente la virtù, il merito, ovunque si trova, e minaccia e punisce il delitto con egual pena tanto nel ricco, quanto nel povero, che tutti finalmente protegge, assicura, difende e punisce come fratelli e figli della stessa famiglia”.

Osserva che “sotto il dispotismo” i titoli e le cariche erano quasi sempre riservate ai discendenti da nobile famiglia, mentre “il plebeo”, pur possedendo notevoli virtù, era lasciato indietro e solamente di rado e con gran fatica raggiungeva posti preminenti. “Il contadino, l’artigiano ed ogni altra persona di rango inferiore, sudava, faticava, vegliava sulla marra, sulla stiva, e sugli altri strumenti sua, per pascere l’ambizione, nutrire il lusso fastoso di questa spezie d’uomini che si credeva diversa da tutti gli altri”.

Nella democrazia invece, queste differenze sono abolite e tutti, se ne hanno i meriti, possono diventare direttori, generali, vescovi ecc. E i nobili, se colpevoli di qualche delitto, sono puniti come tutti dai “tribunali imparzialmente veglianti, per la pronta e giusta punizione dei delinquenti. Questa è l’uguaglianza, a cui noi siam chiamati, è questa la felicità, che oggi ci è dal francese eroe, a nome della sua gran Nazione, generosamente accordata e della quale quest’albero fortunato ne forma il glorioso monumento”.

Il Fava tratta brevemente del concetto di fratellanza invitando i cittadini a considerarsi tutti “come membri di una stessa famiglia”.

Prosegue invitando tutti a dimostrare la gratitudine alla nazione francese e “rinserrati intorno a quell’albero felice giuriamo tutti di voler piuttosto morire, che perdere per nostra colpa, l’incomparabile dono, che è da esso simboleggiato”.

Ringrazia infine per la carica affidatagli e promette di consacrare “tutte la mie fatiche, tutte le mie voglie e le scarse mie cognizioni” unitamente ai suoi cooperatori per la pubblica felicità.

Segue un breve discorso del cittadino Louis, comandante della città e della Valle di Susa:

Il governo francese, geloso di procurare a tutti i popoli la loro felicità, vi sottrae alfine dalla schiavitù per rendervi alla libertà. Abbastanza e troppo lungamente voi gemeste sotto il giogo del dispotismo; al presente voi siete liberi. Ho motivo di credere che col vostro attaccamento e con la vostra energia vi renderete degni d’essere messi a parte della gloria della gran N azione. Si possono fra di voi ritrovare degli uomini perfidi a segno di spargere fra voi il timore di un ritorno: ma ardisco di assicurarvi a nome del governo e del generale in capo, che tutti gli sforzi de’ nemici della libertà saranno inutili.
Le nostre bajonette, che sinora hanno saputo sommettere le potenze armate contro di noi, sapranno ancora conservarvi nei vostri diritti, e farli rispettare: noi combatteremo, noi distruggeremo tutti i nemici esteriori, e a voi s’aspetta di vegliare sopra gli interni.
A voi sopra tutto, o uffiziali municipali, è affidata questa cura: mi giova di credere e sono altresì persuaso, che voi nulla risparmierete per cooperare alla felicità de’ vostri concittadini e alla salute della causa pubblica; la vostra energia, i vostri talenti e la vostra prudenza sono conosciuti; io non avrò che a lodarmi della scelta fatta coll’eleggervi all’onorevole carica, che vi è commessa; il che accresce la soddisfazione, che oggi provo di essere stato incaricato dal generale in capo di rompere le vostre catene.

Del resto, voi non ignorate, cittadini, che la forza principale d’un governo consiste nella pace ed in una perfetta unione tra i cittadini, e specialmente in un’intiera obbedienza alle leggi. Non potrò mai abbastanza esortarvi in questo, che vi fornirà i veri mezzi di godere dei vantaggi del regime, sotto cui voi passate. Cittadini, quest’albero, che voi avete piantato, è l’emblema della vostra libertà:
raccoglietevi attorno ad esso e con tutto l’entusiasmo di veri repubblicani, giurate di difenderlo con tutte le vostre forze contro gli attacchi dai suoi nemici.

Viva la repubblica.

Al contrario di quello del Fava, pieno di retorica, di ampollosità e volto chiaramente all’esaltazione del nuovo regime, questo del Louis parla in termini abbastanza concreti della situazione attuale e di che cosa ci si aspettava dagli abitanti di Susa e dalla municipalità pur non essendo scevro di espressioni retoriche e naturalmente di fervore nei confronti del ruolo della Francia quale liberatrice del Piemonte. In quanto alla libertà, tanto inneggiata in entrambi, si può ben vedere quale era, da tutti gli ordini e le disposizioni di quei giorni e dal proclama del generale Louis del 19 frimaire, anno VII (11 dicembre 1798):

Cittadini,

eccovi finalmente liberi. Il Direttorio esecutivo della repubblica francese, stanco di una corte corrotta o venduta ai nemici della repubblica, convinto delle sue cattive intenzioni e progetti ostili, informato delle vostre disgrazie e delle persecuzioni che avete a soffrire, sicuro di essere secondato dal maggior numero di cittadini piemontesi, ha ordinato al generale in capo dell’armata d’Italia di vendicare l’onore francese e di castigare lo spergiuro di un Re infedele ai suoi giuramenti e al suo paese e di restituire al buon popolo piemontese ne’ suoi primitivi diritti coll’associarlo alla gloria della gran Nazione.
Popolo, da questo momento in poi voi non avete più altro superiore a voi che la legge, da questo momento in poi voi non avete altri ordini da seguire che quelli, del generale comandante la provincia e delle autorità dal detto generale costituite. Da questo momento voi dovete rendervi degni dell’onore che vi vien fatto dalla repubblica francese, regolandovi con saviezza, prudenza e patriottismo.
Da questo momento voi dovete chiuder le orecchie alle suggestioni perfide degli agenti della corte, nemici eterni del benessere de’ popoli e riporre tutta la vostra confidenza nel governo francese.
Il governo francese vi chiama alla libertà, vi vuole felici, vi considera e vi tratterà come fratelli, vi difenderà dai nemici esteriori e veglierà sopra quelli dell’interno: in una parola, tutte le cure del governo francese saranno rivolte a vostro pro; voi ne avete la promessa del generale in capo e fra poco ne avrete anche quella dello stesso governo francese. Ripieni di tal fiducia, forti da voi stessi e dalla vostra energia, lanciatevi sicuri nella carriera della libertà e che il vostro entusiasmo, la vostra tranquillità, rispetto e sommissione alla legge, metta in disperazione i vostri tiranni ed in timore i nemici esterni: che la vostra unione sia scoglio fatale contro cui verranno a dissiparsi i deboli tentativi del dispotismo e se il nostro buon volere vi fa il bel dono della libertà, le nostre armi sapranno difenderla.
Cittadini, il governo francese è sicuro della vostra lealtà ed attaccamento alla repubblica, egli è persuaso, che voi non presterete orecchio a qualunque suggerimento possa tendere ad intorbidare l’ordine pubblico, egli è convinto che non troverà in questa provincia che amici e fratelli, i quali vedendo in noi i liberatori e sostegno della causa de’ popoli, loro stessi ci indicheranno i tentativi degli agenti del realismo, ma il governo francese conosce altresì la perfidia, astuzia e scelleraggine di tali spiriti maligni, sa anche per propria esperienza che i popoli buoni di natura e pieghevoli e talor anche deboli si lasciano facilmente sedurre da questi politici camalleoni ed indurre a movimenti contrari alla tranquillità pubblica, sicurezza e proprietà delle persone. Sa pure, che egli è questo l’oggetto principale, sopra mi fanno capitale gli inimici della libertà de’ popoli e che questi non ometteranno mezzo alcuno per ottenere il loro intento, ma che questi satelliti sono in perpetuo moto, e che impiegheranno ogni mezzo per mascherare i fatti, che hanno portato la rivoluzione nel nostro paese e che essi cercheranno di intimorirvi sovra le conseguenze della medesima e sovra la nuova, ma sempre impotente coalizione de’ re.
Per togliere a malevoli il mezzo di recar danno al proprio paese e di ispreggiare la operata rivoluzione, io debbo prendere tutte le misure atte e capaci di distruggere tali barbari progetti ed il levare al popolo la facoltà di danneggiare se stesso, egli è sicuramente un servizio, che al medesimo si rende ed in conseguenza io ordino:

  1. Qualunque abitante della città e provincia di Susa fra ventiquattr’ore, dopo la pubblicazione della presente, dovrà consegnare alla municipalità, da noi provvisoriamente stabilita in questa città, tutte le armi sia da fuoco, che da taglio che riterrà, colle spade, sciabole, canne a stocco, stiletti.
  2. Per evitare ogni equivoco al momento della restituzione di tutte queste armi, esse saranno numerate con l’apposizione di un biglietto, sopra di cui sarà scritto il nome del proprietario.
  3. Qualunque particolare, passato il detto termine, sarà ritrovato con alcuna di dette armi, o per istrada o nella propria casa, sarà riguardato come ribelle e fucilato sul campo.
  4. Le autorità civili che provvisionalmente continuano le loro funzioni e quelle militari sono incaricate dell’intiera esecuzione del presente, il quale avrà luogo sinchè venga altrimenti ordinato.
  5. La municipalità di Susa e l’intendente dell’in addietro provincia sono incaricati e sotto le loro persone responsabili di far pubblicare il presente in tutte le comunità d’essa in lingua volgare e di trasmetterne la relazione di pubblicazione fra giorni tre.

Da questo proclama si nota come il cittadino Louis fosse ormai il vero padrone e non si facesse eccessive illusioni sui sentimenti popolari, infatti nel rinnovare le promesse, non dimenticava le minacce.
Animato dal desiderio di distruggere quanto ricordava il passato regime e di promuovere fra i cittadini l’uguaglianza e la fraternità, invitò con alcuni manifesti, emessi dalla municipalità il 10‑11 dicembre, gli abitanti di Susa ad eliminare le insegne gentilizie o che potessero ricordare il passato regime dai muri o dalle porte “e parimenti chi avesse domestici con bordi o galloni dovrà pure levarli” e si dovranno consegnare alla municipalità “tutte le carte diplomatiche di nobiltà per essere pubblicamente abbruciate sotto pena di essere considerati come nemici della libertà”.

Volle inoltre che fossero eliminati “i servili titoli di monsieur e madama e di surrogarvi quelli di cittadino e cittadina, di prescindere dalle vere etichette e levate di cappello eccettuate le convenienti dimostrazioni di rispetto alle autorità costituite, rinnovando l’ordine già dato di togliere e cancellare le immagini dei già detti re e regine sotto le pene già intimate”.
Il comportamento del generale Louis in questa occasione fu lodato in una lettera inviatagli dal generale di brigata Suchet, capo dello Stato Maggiore Generale, in cui oltre ad elogiarlo lo si invitava a continuare a comportarsi in questo modo per favorire “il passaggio delle truppe francesi come pure la spedizione nella Svizzera de’ sei piccoli pezzi d’artiglieria”.
Gli veniva comunicata nello stesso tempo, la notizia dell’abdicazione di Carlo Emanuele IV e la sua partenza per la Sardegna e che:

Tutti i capi de’ corpi piemontesi hanno di già sottoscritto e promesso fedeltà alla repubblica francese ed obbedienza agli ordini del generale in capo: quest’esempio indurrà senza dubbio anche quelli che si trovano nella piazza di cui avete il comando: se essi si faranno premura di seguirlo godranno di tutti i vantaggi, di cui godono gli ufficiali dell’armata francese.

Trittico del Rocciamelone

Trittico del Rocciamelone (1358).
Si suppone che lo stemma gentilizio presente
sul Trittico del Rocciamelone sia stato
eliminato proprio in seguito alle disposizioni
emanate dal generale Louis nel 1798.

Quale fosse l’atteggiamento della popolazione segusina nei confronti dei francesi ce lo può illustrare questo manifesto del 22 frimaire anno V II (12 dicembre 1798): “Essendo giunto a notizia della municipalità provvisoria di Susa che alcuni insolenti ardiscono di indicare falsamente l’alloggio ai militari francesi già stanchi del viaggio sofferto e farsi giuoco di una nazione a cui dobbiamo tutta la riconoscenza” i colpevoli sono minacciati di essere severamente puniti.
Ed anche in un ordinamento precedente, del 20 frimaire anno VII (10 dicembre 1798), erano minacciate pene severe per chi “si portasse all’eccesso di commettere qualche insulto contro l’albero della libertà”.

Il 23 frimaire anno VII (13 dicembre 1798) furono restituite le armi ai funzionari pubblici, il comandante Louis chiese che fossero illuminate con quattro lampade le gradinate delle case lungo la strada che doveva percorrere per tornare a casa; il comandante della piazza, il capo di battaglione Francesco Girand, chiese che fosse riparata la strada che portava alla Brunetta.

Tutti questi fatti ci mostrano che la situazione si andava ormai normalizzando sotto il nuovo governo. Il 29 frimaire anno VII (19 dicembre 1798) lo stesso Francesco Girand fece dono al municipio di una statua della Libertà per ornarne la sala delle assemblee, affinchè “quella dea potesse assistere e presiedere alle deliberazioni dei municipalisti e sempre ricordare l’epoca in cui cessò la schiavitù”.

Intanto malcontento e timore serpeggiavano nella popolazione come dimostra questo manifesto del 26 dicembre 1798:

Dal giorno della promulgazione del savissimo editto del governo provvisorio in data del 29 frimaire anno VII, si sa con certezza che va serpeggiando per questo comune lo spirito di diffidenza sul fermo valore, tanto dei biglietti, che delle monete; si sa che l’arte insidiosa ed i torbidi raggiri di molte maligne persone guidate dalla pura cupidità di un sordido commercio, dalla loro fatale ignoranza, e da una mal usata e rovinosa politica, va studiandosi di guastare la semplicità, l’onestà e il patriottismo de’ buoni usando dei loro perfidi discorsi per eccitare il tumulto e la malafede inspirando qua e là che: 1) i biglietti e monete saranno presto soggette ad un nuovo ribasso, 2) che l’ipoteca con la quale è assistito e corroborato il valore dei biglietti sul prezzo corrente al dì d’oggi sia senza fondamento e puramente illusorio, 3) che il nuovo governo stabilito dalla beneficenza del governo francese possa presto cadere ed annientarsi. Qualsivoglia discorso e segreta cabala tendente ad ispirare uno di questi sentimenti è riconosciuto per sedizioso, o antipatriottico ribelle e meritevole del vigore della legge. Intanto, affinchè ognuno venga ragionevolmente disingannato e possa spogliarsi di queste tre opinioni, si risponde alla prima che il valore dei biglietti al prezzo stabilito sarà sicuramente invariabile  Il governo si riserva poi di mettere in circolazione monete che possano facilitare il commercio. Si dichiara riguardo alla seconda che la solidità dell’ipoteca assegnata ai biglietti è superiore apertamente ad ogni contrasto o dubbiezza, quando si sa che li beni nazionali formano un capitale di gran lunga più ricco del valore corrispondente al residuo numero dei biglietti, ristretto a circa 14 milioni.
Si assicura finalmente la robustezza delle basi su cui è fondato il nuovo governo, unito al vigore, alle forze, alla generosità e ai decreti irrevocabili della grande nazione francese; e al voto unanime, sincero, incorruttibile della massima parte dei bravi cittadini del Piemonte, stanchi a quest’ora delle passate sofferenze deve bastare ad estinguere qualunque idea o cabala di cambiamento e di mal supposta e di mal desiderata rivoluzione di sistema, poichè la vigilanza delle fedeli municipalità saprà soffocare li sforzi della prepotenza e della perfidia. Chiunque ardirà rifiutare le monete correnti o i biglietti al prezzo loro fissato dell’ultimo editto del governo provvisorio, o ardirà rifiutare la vendita dei generi alla quale è obbligato dalla sua professione, sarà arrestato dalla forza armata e condotto a render ragione da se stesso davanti al corpo municipale e condannato sul campo alle più severe pene.

Vice presidente Gardini.

Quindi la situazione non era tranquilla, ma circolavano dei propagatori di idee avverse al governo francese.
Intanto l’aiutante generale Louis, il 2 nevoso anno VII (22 dicembre 1798) comunicò alla municipalità di aver ricevuto l’incarico di organizzare la guardia nazionale e invitò i cittadini a farne parte.18
La municipalità dovette affrontare dei problemi di armamento, come si vede da queste disposizioni inviate ai comuni della provincia il 22 dicembre 1798:

Si notifica a tutti, li quali ritengono, o avranno ricevuto fucili da munizione dell’antico governo, a doverli, dalla pubblicazione, immantinenti consegnare alle rispettive municipalità affinchè se ne possa conoscere il numero e quindi farne ripartizione ai cittadini che comporranno la Guardia N azionale che in ogni comune della divisione, dal predetto comandante, si sta organizzando.

L’8 nevoso anno V II (28 dicembre 1798) l’amministratore delle finanze nazionali N egro fece pervenire alla municipalità di Susa queste disposizioni concernenti più argomenti:

  1. Proclama del governo provvisorio ai piemontesi, con cui si esortano ad arruolarsi nella Guardia Nazionale per difendere l’interno della patria, per supplire alla mancanza delle truppe piemontesi e per raffermare la tranquillità dello stato e delle famiglie.
  2. Decreto del governo provvisorio che abolisca le Patenti del 29 agosto, eccetto in quella parte in cui si conferma il prescritto delle generali costituzioni.
  3. Stato terzo dei cittadini benemeriti della patria, che hanno recato doni gratuiti.
  4. Decreto del governo provvisorio di stabilimento d’un tribunale di alta polizia per giudicare e far punire i rei di delitti in esso enunciati, con le pene ivi presenti.

Non ci sono documenti che mostrino quale fosse stata l’adesione spontanea alla Guardia nazionale, ma dal proclama del governo provvisorio del 13 nevoso anno V II (2 gennaio 1799) che dice: “le voci sparse che la Guardia N azionale debba unirsi all’armata francese, sono false”  si può supporre che i francesi trovassero qualche difficoltà in questi arruolamenti essendo la Guardia Nazionale un corpo per la difesa interna e per mantenere l’ordine, sconosciuto al tempo della monarchia e perciò più difficile da accettare da queste popolazioni.

Altre difficoltà ebbe la popolazione per far fronte alla tassa straordinaria imposta dal decreto del 3 nevoso anno VII. Invece con un decreto del 29 dicembre 1798 si certificava che dopo l’avvento del nuovo governo non si era verificata alcuna variazione al prezzo dei tabacchi.2

Il commercio era anche stato ostacolato; infatti c’erano molte lamentele da parte di commercianti che transitavano in questa zona perché le loro bestie venivano spesso requisite per le armate francesi o piemontesi. Il cittadino Fantini, Capo dell’uffizio di polizia, il 12 nevoso anno VII (1 gennaio 1799) rese noto che il governo provvisorio assicurava:

La piena libertà che avranno tutti li conducenti in traghettare, senza che possano temere l’anzidetta requisizione, nè altra molestia nel loro viaggio. Siete pertanto invitati, cittadini municipalisti, a notificare tale assicuranza e ad accordare, eziandio, venendone richiesti, a qualsivoglia conducente un carta di sicurezza.

Il 23 nevoso anno VII (12 gennaio 1799) il comitato di guerra inviò questa lettera alla municipalità di Susa:

I bassi ufficiali e soldati de’ reggimenti Guardie e Savoia sono tuttora assenti dalle loro bandiere. L’amor della gloria e l’onore di difendere la causa comune avrebbero dovuto servir loro di stimolo sufficiente per rendersi ai loro Corpi e partecipare coi loro fratelli d’armi della vittoria sempre fedele alle falangi repubblicane, che combattono per la libertà. Siccome molti potrebbero essere traviati e indotti in errore da persone vili e nemiche del buon ordine, il comitato vi invita perciò, cittadini, ad ingiungere con un vostro proclama ai bassi ufficiali e soldati appartenenti ai suddetti corpi, e generalmente a tutti i militari, i di cui corpi sono congiunti coll’armata francese, che si trovano nel vostro distretto, di raggiungere immediatamente i rispettivi reggimenti sotto pena di essere considerati come disertori e come tali, sottoposti al rigore delle leggi.

Il 30 nevoso anno V II (19 gennaio 1798) l’aiutante generale Louis scrisse lamentandosi che, nonostante gli ordini ricevuti, i soldati di questa provincia non avevano ancora raggiunto i loro corpi.
Perciò il desiderio di unirsi all’armata francese per difendere il nuovo regime non era così vivo fra gli abitanti della valle.
Intanto il 1° pluvioso anno V II (20 gennaio 1799), Winter, capo di battaglione e comandante della piazza, invitò i cittadini a celebrare “l’anniversaire de la juste punition dérnier tyran des françaises”.
Per l’occasione si vestì da re un povero demente e postogli in mano uno scettro e in capo una corona, fu condotto per le vie della città fra urla e fischi. Infine, ai piedi dell’Albero della Libertà, fu spogliato e lasciato in camicia.
Gli abiti, lo scettro e la corona furono dati alle fiamme mentre attorno si ballava e si cantava la “carmagnola”.
Si gridava: “Morte al re delle marmotte!” che era l’insulto preferito dei francesi nei nostri confronti.

Il comandante Louis calcò la mano. Informato che in varie chiese esistevano bandiere, labari e insegne con armi signorili, il 5 pluvioso anno VII (24 gennaio 1799) ordinò di:

Donner tous les ordres nécessaires pour que les insignes qui blaissent la vue des vrais républicains et qui rappellent l’ancien déspotisme disparoissent sur le champ.

Dare tutti gli ordini necessari affinchè le insegne che offendono la vista dei veri repubblicani e ricordano l’antico dispotismo spariscano immediatamente.

Aggiungendo che quanti non avessero obbedito all’ordine vi sarebbero stati costretti dalla forza armata. Ordinò poi che tutti gli albergatori denunciassero gli stranieri che prendevano alloggio nelle loro locande e il 9 pluvioso anno VII (28 gennaio 1799) invitò la municipalità a rinnovare l’ordine perché le sue disposizioni non venivano rispettate. Si raccolsero intanto doni gratuiti fatti da privati alla nazione piemontese:

Susa, casa Tomassetto. Scultura in pietra, sec. XVIII-XIX.

Susa, casa Tomassetto.
Scultura in pietra, sec. XVIII-XIX.

Il capitolo di Susa: tre cedole per un totale di L. 1863.16.10; la confraternita del S. Nome di Gesù: L . 1854; la confraternita del S. Spirito L. 624,2; la cittadina Mina: 75.0; il cittadino municipalista Carena: un paio di fibbie d’argento; il cittadino municipalista Vallino: un altro paio; il cittadino municipalista Galleano: un biglietto da L. 114; il cittadino De Marchi: un altro biglietto; il cittadino Ludovico Chiatellar: un paio di fibbie d’argento; il cittadino Spirito Silvestro un paio di fibbie d’argento e un anello d’oro; il cittadino Majneri un paio di fibbie d’argento, un’altra piccola e un anello d’argento; il cittadino abbate prevosto una coppetta, un vasetto, un sigillo e due piccole fibbie d’argento

Come si può notare da questo elenco, le contribuzioni, benchè venissero fatte per la maggior parte da cittadini componenti la municipalità o da altri che volevano farsi ben volere dal nuovo governo, si riducono a cose di nessun valore come potrebbero essere due fibbie d’argento o come la donazione del prevosto che sembra abbia raccolto le cose più vecchie e inutili che aveva in casa per farne dono.

Iniziarono intanto le requisizioni nella città e nel circondario per approvvigionare i magazzini delle truppe francesi di foraggio, biada, avena e legname.

Venne effettuata anche una requisizione di cavalli ordinata dal comitato di guerra per la gendarmeria. Il 24 febbraio 1799 il commissario di guerra Cortemiglia inviò questa lettera alla municipalità:

Il comune di Susa, nella persona dei suoi municipalisti, è invitato a far provvedere al più presto possibile gli articoli e i generi infra specificati e per la quantità pure sotto annotata, i quali devono servire ad uso e beneficio dei militari francesi infermi e ricoverati nell’ospedale stabilito per dette truppe. Miele = rubbi cinque, Butirro = rubbi 1, ova = cento, ortaggi = un cestello ogni giorno.

Giunsero lettere alla municipalità di Susa da parte di quelle dell’alta valle, Oulx, Savoulx e Cesana in cui si protestava l’impossibilità di fornire l’avena richiesta dal comandante Louis perché in queste zone non veniva coltivata.

Il 26 ventoso anno VII (16 marzo 1799) la direzione centrale inviò questa lettera alla municipalità ordinando:

La vendita delle suppellettili spettanti alla soppressa Cappella delle scuole e spedire alla zecca nazionale gli effetti in oro ed argento in essa contenuti. Siccome il cittadino Fava, membro di questa direzione, è già stato deputato, per procedere alla loro descrizione, non avrete difficoltà di rimettere al medesimo gli accennati effetti, come altresì, per tempo della vendita, il rimanente delle suppellettili per eseguire le intenzioni del governo.

La chiesa di S. Francesco era già stata saccheggiata dai francesi.
Il prevosto della parrocchia di S. Giusto, Giuseppe Francesco Abbate, che si firmava “cittadino”, in una lettera del 30 ventoso anno V II (20 marzo 1799) al presidente della municipalità, assicurò la propria fedeltà:

Nell’accusarvi, cittadino presidente, la ricevuta del foglio da voi sottoscritto (n. 7), del giorno d’oggi, mi fo un dovere di riscontrarvi, che se io distribuisco in questa parrocchiale chiesa i soliti biglietti di Pasqua, mai pensai di contravvenire a quelle leggi di libertà che ordinò il governo provvisorio, mentre prima di ciò eseguire, mi informai nella comune di Torino, se così si faceva e seguitando l’esempio di quella parrocchia, giammai pensava di far cosa sgradevole a questa municipalità.

Riflettendo poi di più, che chi prende il biglietto pasquale spontaneamente, e non è a ciò in alcun modo costretto, purchè si prescinda dal raccoglierlo, mi portò a pensare di non contravvenire, col darlo, alle leggi del governo provvisorio, che rispetto sinceramente. Che tale sia stato infatti e sia, mio sincero pensiero, spero ve lo possa provare la felicità istessa, con cui piacevolmente aderisco al vostro invito e di questa municipalità, spiacendomi solo, che abbiate potuto in ciò pensare che non siavi in me tutto il rispetto ed obbedienza al governo provvisorio, verso di cui predico pubblicamente e privatamente agli altri la medesima obbedienza e fedeltà. Gradite intanto i saluti di vera fratellanza che mi glorio porgere e voi, cittadino presidente, ed assicuratevi pure dei miei sinceri sentimenti di rispetto e di stima.