Susa dei Romani e dei Celti

Abbiamo alcuni indizi: un Re di etnia celtica, piccolo ma ambizioso, si inserisce nel “grande gioco” della conquista romana delle Alpi, ha l’intuizione di costruire un monumento eccezionale – l’Arco – in onore del suo amico Augusto e dà così l’avvio ad una storia nuova per la sua piccola capitale, Segusio.

Susa come punto di diramazione di due grandi itinerari attraverso le Alpi: il Moncenisio, che punta a nord, verso il confine del Reno; il Monginevro che apre verso sud, verso la Provenza, la Spagna, il
Mediterraneo.

Segusio così si trasforma, da un aggregato di case celtiche a piccola città romana, posizionata in uno snodo rilevante delle comunicazioni tra Roma ed i suoi possedimenti al di là delle Alpi. Infatti – è fondamentale ricordarlo – da sempre Segusio/Susa non è solo un luogo alla base delle Alpi, ma è un punto di snodo per due strategici itinerari transalpini: il Moncenisio che punta verso l’Europa del nord-ovest; il Monginevro che invece si rivolge decisamente verso sud-ovest.
Non sono credibili le ipotesi che suppongono solo il Monginevro frequentato in epoca romana: tutto dipendeva dalla meta, o dalla provenienza, dell’esercito di turno.

Se Cesare, sul finire del marzo del 58 AC (quindi, con i passi alpini ancora innevati) era infatti diretto ad arginare su Lago di Ginevra la minacciata marcia degli Elvezi verso sud, ben difficilmente avrebbe fatto un “lungo giro”, passando dal Monginevro e poi risalendo verso nord: il Moncensio gli offriva la perfetta “via breve” per salire verso nord, cosa che fece ad una velocità eccezionale, considerando che aveva con se circa 25.000 uomini e che le strade erano semplici mulattiere, probabilmente innevate.
Quando invece nel l’Imperatore Giuliano, nell’inverno del 355 DC, volle raggiungere Vienne (nell’attuale Dipartimento dell’Isère), per iniziare da lì le sue campagne contro gli Alemanni che minacciavano le Gallie, passò certamente dal Monginevro, raggiungendo così direttamente la sua meta, nonostante sia passato in pieno inverno. Segusio/Susa è stata oggetto di scavi archeologici solo parziali, quindi ciò che oggi sappiamo della sua realtà in epoca romana deve essere completato da analisi e deduzioni, basate sui tanti esempi di urbanistica romana.

Un’ipotesi di ricostruzione della Segusio/Susa romana: alla pianta della città attuale è sovrapposta una maglia regolare, che trova ancora molti riscontri nella viabilità attuale.

Ma leggendo con attenzione la sua pianta attuale, andando a collegare i frammenti che emergono dal suo passato, può prendere corpo l’ipotesi che anche Segusio, come d’altronde quasi tutte le città romane, sia stata costruita sulla base di una pianta regolare, secondo il modello militare del castrum.
Il modello regolare romano sapeva tuttavia adattarsi al terreno, dando origine a città in cui il percorso delle mura, spesso irregolare, si combinava con il taglio regolare delle strade interne e degli isolati.
Possiamo quindi immaginare una Segusio piccola, ma ricca e ben ornata di monumenti ed opere pubbliche: una bella cittadina romana, ricca di traffici transalpini, che tuttavia non ebbe una vita lunghissima.
In un momento imprecisato, verso il 260-270 DC, l’equilibrio su cui si reggeva il mondo romano si ruppe: con un drammatico effetto a catena, che dalle steppe dell’Asia giunse fino al Reno ed alle Alpi, i popoli “barbari” si misero in moto minacciarono drammaticamente le Gallie, ormai  cuore economico e culturale dell’Impero Romano.
La reazione del mondo romano non si fece attendere: dal Reno alle Alpi, nel breve volgere di pochi anni sorse un’imponente catena di città fortificate, destinate a fermare, o almeno rallentare, la marcia dei Barbari verso l’Italia e Roma Susa è quindi l’ultima (verso l’Italia) di queste città fortificate: ma essa ha anche una caratteristica che – oggi – la rende unica.
Infatti, le città fortificate “gemelle”, ma oggi in Francia, hanno tutte perso la loro cinta muraria. Susa invece ha saputo conservare quasi intatta la sua cerchia, compresa l’imponete Porta Savoia, e si presenta quindi – oggi – come un unicum storico e turistico, un complesso frammento del passato giunto quasi intatto fino a noi.

La città di Chalon sur Saône, in Borgogna (Francia): a sinistra, la pianta della città fortificata, simile a Susa; nella foto
aerea odierna, si vede come le mura siano state sostituite nell’ottocento da un viale alberato, scomparendo del tutto.

Ecco allora manifestarsi l’eccezionalità di Susa: di quel vasto insieme di città tardo-romane, Susa è l’unica ad aver conservata, praticamente intatta, la sua cinta di mura, e soprattutto al sua monumentale Porta Savoia, una realizzazione eccezionale, in grado di gareggiare con la cinta aureliana di Roma stessa

Un motivo di più per visitare Susa!

La Cattedrale di San Giusto
e la Porta Savoia, con le attuali torri ridotte in altezza, rispetto alla costruzione originaria.

Susa, infatti, ha saputo conservare non solo la sua cinta di mura e l’orgogliosa Porta Savoia, ma anche un altro insieme di monumenti romani, che la rende decisamente preziosa, nel panorama degli insediamenti europei più antichi: l’arena romana – riscoperta negli anni ’50 sotto una coltre di materiali alluvionali ed ancor oggi riutilizzata – e gli archi dell’acquedotto, posti subito alle spalle dell’Arco di Augusto e bell’esempio di manufatto della tarda romanità.

L’Arco si nasconde Susa Continua a brillare

Il Fregio e l’Iscrizione dell’Arco di Susa